Nome completo
Vella, Giuseppe
 
Ruolo
Abate
Erudito
 
Nazionalità
Italiana
 
Anno di nascita
1749
 
Luogo di nascita
 
Anno di morte
1814
 
Luogo di morte
 
Biografia
Dopo aver studiato teologia a Malta ed essere entrato nell’Ordine di S. Giovanni come cappellano dell’obbedienza, nel 1780 giunse a Palermo, riuscendo ad entrare facilmente in contatto con alcuni membri dell’aristocrazia siciliana. Nel 1872 divenne cappellano del monastero di San Martino alle Scale, presso Monreale, e, data la sua conoscenza dell’arabo, fu anche nominato interprete e accompagnatore dell’ambasciatore marocchino Muḥammad Ibn ‘Uthmān al-Miknāsī, di ritorno da una missione diplomatica a Napoli. In seguito conobbe monsignor Alfonso Airoldi, uomo molto influente, per entrare nelle grazie del quale organizzò uno dei casi di falsificazione più clamorosi del 700. Finse, infatti, il ritrovamento nella biblioteca del monastero di S. Martino alle Scale di un registro (in realtà un manoscritto contenente racconti sulla vita di Maometto) della Cancelleria araba di Sicilia risalente a fine X secolo. Grazie a questa sua truffa, divenne un personaggio importante e si guadagnò posizioni di prestigio: nel 1785 venne eletto docente di lingua araba presso i Regi studi di Palermo e più tardi socio nazionale della Reale Accademia di scienze e belle lettere di Napoli. Inoltre partecipò alla redazione del “Codice diplomatico di Sicilia”, curata da Airoldi, il cui primo volume uscì nel 1789, inserendovi incisioni di monete mauro-sicule di sua invenzione e persino alcune false lettere pontificie del X secolo. In seguito continuò la sua opera di falsario dichiarando di aver ricevuto dal Marocco un nuovo manoscritto, contenente un importante carteggio tra i conquistatori normanni dell’isola (Ruggero d’Altavilla, Roberto il Guiscardo e Ruggero II di Sicilia) e i califfi d’Egitto, che fu pubblicato nel 1793 con il titolo “Libro del Consiglio di Egitto”. Tuttavia gli inganni alla fine vennero scoperti, e Vella, dopo aver confessato sotto tortura, nel 1796 fu dichiarato colpevole e condannato a quindici anni di reclusione. Nel 1799 fu però scarcerato per ragioni di salute e gli fu concesso di scontare la pena restante nella sua casa di Mezzomonreale, dove poi morì. Le vicende di cui fu protagonista hanno ispirato anche un romanzo di Leonardo Sciascia, “Il Consiglio d’Egitto” (1963).