Nome completo
Dal Borgo, Flaminio
 
Ruolo
Erudito
 
Nazionalità
Italiana
 
Data di nascita
05-10-1705
 
Luogo di nascita
 
Data di morte
16-03-1768
 
Luogo di morte
 
Biografia
Il D. intraprese gli studi giuridici presso lo Studio pisano, allievo di quel Giuseppe Averani cui si deve il rinnovamento settecentesco della scuola di diritto dell'Ateneo. Il 26 ott. 1726 si laureò, insieme con il fratello minore Pio, in utroque iure; dal padre venne quindi mandato con il fratello a Roma, per impratichirsi in diritto in quella Curia. Nel 1731 tornò a Pisa, ed ottenne un incarico di lettore straordinario di diritto civile nello Studio. Nel 1733 sposò la giovanissima Anna Maria Nervi, che morirà nel 1747, a soli trent'anni, pochi giorni dopo aver dato alla luce l'ultimogenita Maria Anna Francesca e "per. causa di detto parto". Il D. non contrarrà più matrimonio e non si occuperà, da quel momento, che dell'educazione dei numerosi figli e degli studi (neppure l'attività politica lo attirò, dopo la breve parentesi del priorato nel 1738). D'altronde la vita ritirata e severa del D. aveva anche altre cause. Fin dal primo stabilirsi nel granducato del presidio militare spagnolo (in conformità con quanto stabilito dal trattato di Londra del 1718 che affidava a don Carlo di Borbone, dopo la morte dell'ultimo Medici, Giangastone, le redini dello Stato) il D., al pari di molti sudditi granducali, pisani e fiorentini, non aveva nascosto le proprie simpatie per i "nuovi padroni". José Carrillo de Albornoz conte di Monternar, capitano generale delle truppe spagnole, nel 1736 lo aveva nominato auditore militare dell'esercito di Spagna, e solo la situazione familiare - a quanto afferma Baccio Dal Borgo, uno dei suoi biografi e suo discendente - "fecegli abbandonare gli onori e la fortuna di seguire le armate spagnuole... allora che dalla Toscana ceduta al duca., di Lorena passarono nel regno di Napoli" (in De Tipaldo, I, p. 116). Il vigile governo della Reggenza - che, dopo aver emanato un primo bando dell dicembre del 1737, nel luglio 1742 i rinnovava le pene contro quanti si fossero posti al servizio di potenze estere - non vide di buon occhio le propensioni filospagnole del Dal Borgo. Sottoposto a stretta vigilanza, venne infine (11 sett. 1742) ritenuto colpevole di aver parlato "con troppa libertà" e "arditamente, secondo la propria inclinazione a potenze straniere con ammirazione, e dispiacere delle persone savie e ben intenzionate", e condannato ad essere rinchiuso nel carcere di Volterra. Fu una pena dolorosissima: perduto l'incarico universitario, lontano dalla famiglia, gravato dalle spese e provato nel fisico (l'aria salmastra di Volterra non gli giovava: in carcere contrasse lo scorbuto, si ammalò di reumatismi, e peggiorò l'affezione renale che già lo affliggeva), il D. invio ripetute suppliche al sovrano perché, gli venissero concessi il perdono, la libertà e la restituzione della carica, assicurando di non aver altro desiderio "che di servire il suo real sovrano". L'interessamento dell'arcivescovo di Pisa, monsignor Guidi, permise che le suppliche giungessero a buon fine: il 17 apr. 1743, facendo seguito alla, proposta ufficiale di scarcerazione avanzata il 5 febbraio dal Consiglio di reggenza, fu consentito al D. di ritornare a Pisa, con l'intimazione di "tenere a freno la lingua"; non gli venne restituito tuttavia l'ufficio di docente (solo nel 1758 ebbe nuovamente l'incarico di lettore straordinario di ius civile, e nel '59 quello definitivo di ordinario). Dopo questa avventura, il D. non conobbe altro interesse, che gli studi. Studi lunghi e pazienti, sostenuti da un culto devoto per il documento, ricercato e accettato come fatto indiscusso, e parola definitiva nell'indagine storica. Il documento è la verità, può, "censurare errori, supplire difetti, dichiarare equivoci, avvalorare prove", e vale per il D. il principio di ispirazione muratoriana secondo il quale è compito dello studioso "illuminare e trarre dall'errore la sedotta credulità degli stolti".