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L'Erbario Lombardo rappresenta la più importante raccolta di campioni vegetali essiccati della Lombardia, costituito da oltre 35.000 reperti raccolti su tutto il territorio regionale a partire dall’inizio del XIX secolo e fino agli anni ’90 del XX secolo. L’Erbario Lombardo fu costituito su iniziativa di Raffaele Ciferri (1897-1964), direttore dell’Istituto Botanico e Laboratorio Crittogamico dell'Università di Pavia a partire dal 1942. In questa collezione vennero riuniti importanti erbari storici e personali ottocenteschi quali l’Erbario Pavese, la Collectio Agri Ticinensis, l’Erbario Comolli, e parte delle raccolte di Lorenzo Rota (1819-1855), unitamente a importanti collezioni acquisite durante la direzione Ciferri: Ottone Penzig (1856-1929), Massimo Longa (1854-1928), Pietro Rossi (1871-1950) e Luigi Ceroni (1883-1951). Tra gli ultimi campioni acquisiti, si ricordano quelli del Prof. Augusto Pirola, raccolti nell’area alpina, e quelli del Prof. Francesco Sartori, provenienti principalmente dalla Pianura Padana.
L'Erbario Lombardo rappresenta la più importante raccolta di campioni vegetali essiccati della Lombardia, costituito da oltre 35.000 reperti raccolti su tutto il territorio regionale a partire dall’inizio del XIX secolo e fino agli anni ’90 del XX secolo. L’Erbario Lombardo fu costituito su iniziativa di Raffaele Ciferri (1897-1964), direttore dell’Istituto Botanico e Laboratorio Crittogamico dell'Università di Pavia a partire dal 1942. In questa collezione vennero riuniti importanti erbari storici e personali ottocenteschi quali l’Erbario Pavese, la Collectio Agri Ticinensis, l’Erbario Comolli, e parte delle raccolte di Lorenzo Rota (1819-1855), unitamente a importanti collezioni acquisite durante la direzione Ciferri: Ottone Penzig (1856-1929), Massimo Longa (1854-1928), Pietro Rossi (1871-1950) e Luigi Ceroni (1883-1951). Tra gli ultimi campioni acquisiti, si ricordano quelli del Prof. Augusto Pirola, raccolti nell’area alpina, e quelli del Prof. Francesco Sartori, provenienti principalmente dalla Pianura Padana.
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Nel 2022, a cento anni dalla scomparsa di Torquato Taramelli, l’Università di Pavia ha celebrato lo scienziato con una mostra allestita presso Kosmos – Museo di Storia naturale dell’ateneo, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. Il programma di commemorazione di Torquato Taramelli si completa nella Digital Library con una presentazione a tutto tondo del personaggio attraverso una varietà di proposte digitali, un percorso che intende offrire all'utente una panoramica virtuale sulla figura di Taramelli, con spunti per ulteriori ricerche e approfondimenti alla scoperta di uno scienziato ancora oggi insuperato. Docente di Geologia a Pavia, autore della prima Carta sismica italiana e della Carta Geologica d’Italia, Torquato Taramelli è uno studioso da ricordare per la sua straordinaria carriera scientifica e per aiutarci, oggi, a capire il ruolo rivestito nella società dal geologo, figura cruciale ai giorni nostri per uno sviluppo sostenibile. In Digital Library si possono esaminare: La collezione di acquerelli autografi di Taramelli, da lui realizzati "sul campo" a scopo scientifico e come strumento di insegnamento della Geologia, oltre che presentarsi come reperti con evidenti valenze artistiche, oggi afferenti al Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia; Una serie di carte geologiche di proprietà della Biblioteca di Studi Umanistici dell'ateneo, a cui Taramelli lavorò negli anni per contribuire a definire dal punto di vista geologico numerosi territori. Oltre all'Italia completa, si trovano descritti la provincia di Pavia e di Vicenza, il Lago Maggiore e il bacino del Ticino; Una selezione di documenti custoditi dall’Archivio Storico dell’Università a firma del geologo ovvero testimonianze epistolari riferite alla sua carriera di docente all'Università; Una dotazione di cimeli posseduti dal Museo per la Storia dell’Università che testimoniano momenti salienti dell'esistenza di Taramelli come, ad esempio, l'attestato di lode donatogli dai cittadini bergamaschi in occasione del suo 50° anno di attività o la targa commemorativa per il suo ingresso nella Regia Accademia dei Lincei.
Nel 2022, a cento anni dalla scomparsa di Torquato Taramelli, l’Università di Pavia ha celebrato lo scienziato con una mostra allestita presso Kosmos – Museo di Storia naturale dell’ateneo, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. Il programma di commemorazione di Torquato Taramelli si completa nella Digital Library con una presentazione a tutto tondo del personaggio attraverso una varietà di proposte digitali, un percorso che intende offrire all'utente una panoramica virtuale sulla figura di Taramelli, con spunti per ulteriori ricerche e approfondimenti alla scoperta di uno scienziato ancora oggi insuperato. Docente di Geologia a Pavia, autore della prima Carta sismica italiana e della Carta Geologica d’Italia, Torquato Taramelli è uno studioso da ricordare per la sua straordinaria carriera scientifica e per aiutarci, oggi, a capire il ruolo rivestito nella società dal geologo, figura cruciale ai giorni nostri per uno sviluppo sostenibile. In Digital Library si possono esaminare: La collezione di acquerelli autografi di Taramelli, da lui realizzati "sul campo" a scopo scientifico e come strumento di insegnamento della Geologia, oltre che presentarsi come reperti con evidenti valenze artistiche, oggi afferenti al Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia; Una serie di carte geologiche di proprietà della Biblioteca di Studi Umanistici dell'ateneo, a cui Taramelli lavorò negli anni per contribuire a definire dal punto di vista geologico numerosi territori. Oltre all'Italia completa, si trovano descritti la provincia di Pavia e di Vicenza, il Lago Maggiore e il bacino del Ticino; Una selezione di documenti custoditi dall’Archivio Storico dell’Università a firma del geologo ovvero testimonianze epistolari riferite alla sua carriera di docente all'Università; Una dotazione di cimeli posseduti dal Museo per la Storia dell’Università che testimoniano momenti salienti dell'esistenza di Taramelli come, ad esempio, l'attestato di lode donatogli dai cittadini bergamaschi in occasione del suo 50° anno di attività o la targa commemorativa per il suo ingresso nella Regia Accademia dei Lincei.
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Pervenuto nell’attuale sede della Biblioteca di Arte dell’Ateneo pavese (già Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pavia e ora sezione della Biblioteca di Studi umanistici) nel 1968, subito dopo la scomparsa del suo proprietario, Wart Arslan, docente di Storia dell’arte medievale e moderna presso l’ateneo pavese dal 1942 al 1968, il fondo, raccolto in circa 270 scatole, è composto da materiale eterogeneo: estratti bibliografici, annate di riviste, appunti manoscritti e dattiloscritti, corrispondenza epistolare, fotografie e ritagli di libri o di riviste. Nel suo insieme esso testimonia l’attività scientifica e didattica del professor Arslan, a partire dagli anni Trenta del Novecento, e documenta l’ampiezza dei suoi interessi di studioso, che spaziano dall’architettura romanica e preromanica alla pittura del Settecento, con particolare riguardo all’area veneta e lombarda. Al momento della donazione all’Università la vasta raccolta rispettava la suddivisione, voluta dal professore, in quattro grandi categorie: estratti bibliografici, riviste, fotografie e stampe e infine appunti manoscritti e dattiloscritti e materiale miscellaneo, tra cui la corrispondenza (“Varie. Lettere su cose d’arte”). Ogni categoria, ad eccezione di quella delle riviste, era stata poi organizzata per secoli ed aree geografiche. Trasferito nel corso degli anni Novanta del secolo scorso in locali di pertinenza della Biblioteca di Lettere (già cortile del Leano del palazzo centrale), l’archivio nel 2018 è ritornato nella Biblioteca di arte. Risale molto probabilmente agli anni immediatamente successivi alla donazione del fondo la prima catalogazione di una parte delle fotografie che, prelevate dalle scatole originarie, sono state incollate su schede cartacee e ordinate in classificatori metallici, per facilitarne la consultazione. Altre foto si trovano ancora sciolte all’interno dei classificatori. Il riordino avviato ha l’obiettivo di rendere disponibile alla consultazione l’intero fondo, tramite l’inventariazione dei materiali bibliografici e il loro inserimento nell’OPAC di Ateneo e la digitalizzazione dei materiali più fragili, quali manoscritti, dattiloscritti, fotografie e ritagli, che andranno a costituire una banca dati, a partire dalla quale si possa ricomporre l’archivio di studio e ricerca di Wart, rendendolo contemporaneamente disponibile alla consultazione.
Pervenuto nell’attuale sede della Biblioteca di Arte dell’Ateneo pavese (già Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pavia e ora sezione della Biblioteca di Studi umanistici) nel 1968, subito dopo la scomparsa del suo proprietario, Wart Arslan, docente di Storia dell’arte medievale e moderna presso l’ateneo pavese dal 1942 al 1968, il fondo, raccolto in circa 270 scatole, è composto da materiale eterogeneo: estratti bibliografici, annate di riviste, appunti manoscritti e dattiloscritti, corrispondenza epistolare, fotografie e ritagli di libri o di riviste. Nel suo insieme esso testimonia l’attività scientifica e didattica del professor Arslan, a partire dagli anni Trenta del Novecento, e documenta l’ampiezza dei suoi interessi di studioso, che spaziano dall’architettura romanica e preromanica alla pittura del Settecento, con particolare riguardo all’area veneta e lombarda. Al momento della donazione all’Università la vasta raccolta rispettava la suddivisione, voluta dal professore, in quattro grandi categorie: estratti bibliografici, riviste, fotografie e stampe e infine appunti manoscritti e dattiloscritti e materiale miscellaneo, tra cui la corrispondenza (“Varie. Lettere su cose d’arte”). Ogni categoria, ad eccezione di quella delle riviste, era stata poi organizzata per secoli ed aree geografiche. Trasferito nel corso degli anni Novanta del secolo scorso in locali di pertinenza della Biblioteca di Lettere (già cortile del Leano del palazzo centrale), l’archivio nel 2018 è ritornato nella Biblioteca di arte. Risale molto probabilmente agli anni immediatamente successivi alla donazione del fondo la prima catalogazione di una parte delle fotografie che, prelevate dalle scatole originarie, sono state incollate su schede cartacee e ordinate in classificatori metallici, per facilitarne la consultazione. Altre foto si trovano ancora sciolte all’interno dei classificatori. Il riordino avviato ha l’obiettivo di rendere disponibile alla consultazione l’intero fondo, tramite l’inventariazione dei materiali bibliografici e il loro inserimento nell’OPAC di Ateneo e la digitalizzazione dei materiali più fragili, quali manoscritti, dattiloscritti, fotografie e ritagli, che andranno a costituire una banca dati, a partire dalla quale si possa ricomporre l’archivio di studio e ricerca di Wart, rendendolo contemporaneamente disponibile alla consultazione.
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Il Gabinetto di Fisica dell'Università di Pavia fu fondato nel 1771, grazie alla riforma degli studi avviata da Maria Teresa d'Austria e portata avanti dal figlio e successore, l’imperatore Giuseppe II. Il primo direttore fu il padre scolopio Carlo Barletti, che alla fine del 1772 venne nominato professore di Fisica sperimentale all'Università. All'arrivo di Alessandro Volta a Pavia, nel 1778, Barletti divenne responsabile dell'insegnamento di Fisica classica o generale, mentre Volta ricoprì quello di Fisica sperimentale o particolare. La prima includeva statica, dinamica, idrostatica, idraulica e fisica astronomica, che formavano la parte più matematizzata della fisica. La seconda, che riguardava i fenomeni concernenti elettricità, magnetismo, calore, pneumatica, acustica, meteorologia e ottica, era più fenomenologica e sperimentale. Volta arricchì il Gabinetto con numerosi strumenti acquistati durante i suoi viaggi in Europa e con molti altri da lui stesso ideati e realizzati con l'ausilio di validissimi artigiani. Il gabinetto di Fisica divenne non soltanto un posto dove Volta potesse sperimentare e insegnare, ma anche una sala da esposizione e un attraente teatro che doveva impressionare i visitatori. Molti degli strumenti venivano infatti utilizzati da Volta, oltre che per attività di ricerca, anche per esperienze pubbliche, tenute due volte la settimana, da dicembre a giugno. A queste partecipavano, insieme con gli studenti (per i quali il Professore teneva lezioni quotidiane), numerosi spettatori, per cui venne appositamente costruito nell'Ateneo pavese un nuovo e più ampio Teatro Fisico, l'odierna Aula Volta. Nel 1804, Volta lasciò ufficialmente la cattedra a Pietro Configliachi, ma continuò a lavorare a Pavia e a mostrare interesse verso i nuovi strumenti. Nel 1819, l'ultimo inventario firmato da Volta attesta la presenza nel Gabinetto di Fisica di circa seicento strumenti. Non tutti questi strumenti sono giunti sino a noi: alcuni andarono infatti distrutti nell'incendio del padiglione della mostra allestita a Como nel 1899 per il centenario dell'invenzione della pila, altri furono distrutti dall'uso o andarono persi nei traslochi succedutisi nel corso degli anni, l'ultimo dei quali imposto dalla Seconda Guerra Mondiale.
Il Gabinetto di Fisica dell'Università di Pavia fu fondato nel 1771, grazie alla riforma degli studi avviata da Maria Teresa d'Austria e portata avanti dal figlio e successore, l’imperatore Giuseppe II. Il primo direttore fu il padre scolopio Carlo Barletti, che alla fine del 1772 venne nominato professore di Fisica sperimentale all'Università. All'arrivo di Alessandro Volta a Pavia, nel 1778, Barletti divenne responsabile dell'insegnamento di Fisica classica o generale, mentre Volta ricoprì quello di Fisica sperimentale o particolare. La prima includeva statica, dinamica, idrostatica, idraulica e fisica astronomica, che formavano la parte più matematizzata della fisica. La seconda, che riguardava i fenomeni concernenti elettricità, magnetismo, calore, pneumatica, acustica, meteorologia e ottica, era più fenomenologica e sperimentale. Volta arricchì il Gabinetto con numerosi strumenti acquistati durante i suoi viaggi in Europa e con molti altri da lui stesso ideati e realizzati con l'ausilio di validissimi artigiani. Il gabinetto di Fisica divenne non soltanto un posto dove Volta potesse sperimentare e insegnare, ma anche una sala da esposizione e un attraente teatro che doveva impressionare i visitatori. Molti degli strumenti venivano infatti utilizzati da Volta, oltre che per attività di ricerca, anche per esperienze pubbliche, tenute due volte la settimana, da dicembre a giugno. A queste partecipavano, insieme con gli studenti (per i quali il Professore teneva lezioni quotidiane), numerosi spettatori, per cui venne appositamente costruito nell'Ateneo pavese un nuovo e più ampio Teatro Fisico, l'odierna Aula Volta. Nel 1804, Volta lasciò ufficialmente la cattedra a Pietro Configliachi, ma continuò a lavorare a Pavia e a mostrare interesse verso i nuovi strumenti. Nel 1819, l'ultimo inventario firmato da Volta attesta la presenza nel Gabinetto di Fisica di circa seicento strumenti. Non tutti questi strumenti sono giunti sino a noi: alcuni andarono infatti distrutti nell'incendio del padiglione della mostra allestita a Como nel 1899 per il centenario dell'invenzione della pila, altri furono distrutti dall'uso o andarono persi nei traslochi succedutisi nel corso degli anni, l'ultimo dei quali imposto dalla Seconda Guerra Mondiale.
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Il Museo Camillo Golgi espone una serie di strumenti utilizzati per le ricerche microscopiche nel laboratorio di Istologia e Patologia generale tra l’ultimo quarto del XIX e gli inizi del XX secolo. Si tratta di microscopi, microtomi e apparecchi per il disegno e la fotografia utilizzati all’interno del laboratorio da Camillo Golgi e dai suoi collaboratori e successori. Gli strumenti si legano agli studi e alle scoperte compiute da medici e scienziati di grande rilievo quali Adelchi Negri, Emilio Veratti, Aldo Perroncito. Alcuni oggetti del laboratorio legati a personaggi di spicco, primo fra tutti Golgi, confluirono, negli anni 30’ del secolo scorso, nella collezione di strumenti legati alle ricerche microscopiche oggi conservata presso il Museo per la Storia dell’Università strettamente connessa a quella preservata dal Museo Camillo Golgi.
Il Museo Camillo Golgi espone una serie di strumenti utilizzati per le ricerche microscopiche nel laboratorio di Istologia e Patologia generale tra l’ultimo quarto del XIX e gli inizi del XX secolo. Si tratta di microscopi, microtomi e apparecchi per il disegno e la fotografia utilizzati all’interno del laboratorio da Camillo Golgi e dai suoi collaboratori e successori. Gli strumenti si legano agli studi e alle scoperte compiute da medici e scienziati di grande rilievo quali Adelchi Negri, Emilio Veratti, Aldo Perroncito. Alcuni oggetti del laboratorio legati a personaggi di spicco, primo fra tutti Golgi, confluirono, negli anni 30’ del secolo scorso, nella collezione di strumenti legati alle ricerche microscopiche oggi conservata presso il Museo per la Storia dell’Università strettamente connessa a quella preservata dal Museo Camillo Golgi.
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I registri dei verbali del Consiglio di Amministrazione raccolgono le relazioni delle adunanze tenutesi dal 23 febbraio 1924 al 9 ottobre 1970. Il Consiglio di amministrazione è l’organo di governo avente funzioni di indirizzo strategico, di gestione e di controllo dell’attività amministrativa, finanziaria ed economico-patrimoniale dell’Ateneo nonché di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività. Esso opera in coerenza con gli indirizzi programmatici e le linee guida espresse dal Senato accademico definendone le modalità di realizzazione. In base alla riforma Gentile (Regio Decreto 30 settembre 1923 n. 2102 Ordinamento della istruzione superiore) il neocostituito Consiglio di amministrazione era una delle autorità di governo delle università insieme al Rettore, al Senato Accademico, ai Presidi delle facoltà e direttori delle scuole e ai Consigli delle facoltà e Consigli delle scuole (art. 7). Al Consiglio d'amministrazione spettava il governo amministrativo e la gestione economica e patrimoniale dell’università. Risultava composto dal rettore che lo presiedeva, da due membri eletti dal Collegio generale dei professori tra i professori stabili appartenenti all’università, da due rappresentanti del Governo, di cui uno l’intendente di finanza della provincia, l’altro scelto dal Ministro tra persone di riconosciuta competenza amministrativa e che non rivestissero uffici presso le università e gli istituti superiori. L’intendente di finanza aveva obbligo di intervenire personalmente alle adunanze del Consiglio (art. 10).
I registri dei verbali del Consiglio di Amministrazione raccolgono le relazioni delle adunanze tenutesi dal 23 febbraio 1924 al 9 ottobre 1970. Il Consiglio di amministrazione è l’organo di governo avente funzioni di indirizzo strategico, di gestione e di controllo dell’attività amministrativa, finanziaria ed economico-patrimoniale dell’Ateneo nonché di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività. Esso opera in coerenza con gli indirizzi programmatici e le linee guida espresse dal Senato accademico definendone le modalità di realizzazione. In base alla riforma Gentile (Regio Decreto 30 settembre 1923 n. 2102 Ordinamento della istruzione superiore) il neocostituito Consiglio di amministrazione era una delle autorità di governo delle università insieme al Rettore, al Senato Accademico, ai Presidi delle facoltà e direttori delle scuole e ai Consigli delle facoltà e Consigli delle scuole (art. 7). Al Consiglio d'amministrazione spettava il governo amministrativo e la gestione economica e patrimoniale dell’università. Risultava composto dal rettore che lo presiedeva, da due membri eletti dal Collegio generale dei professori tra i professori stabili appartenenti all’università, da due rappresentanti del Governo, di cui uno l’intendente di finanza della provincia, l’altro scelto dal Ministro tra persone di riconosciuta competenza amministrativa e che non rivestissero uffici presso le università e gli istituti superiori. L’intendente di finanza aveva obbligo di intervenire personalmente alle adunanze del Consiglio (art. 10).
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Le raccolte foscoliane del Centro Manoscritti dell'Università di Pavia annoverano la raccolta Acchiappati e la raccolta Ottolini. La prima, donata dal professor Gianfranco Acchiappati in quattro distinte fasi, tra il 1989 e il 1995, consta di una vasta congerie di materiali di diversa tipologia e provenienza (lettere autografe e manoscritti di Ugo Foscolo, di suoi familiari e di suoi contemporanei, edizioni originali e ristampe di opere di e sul Poeta, cimeli) raccolti dal possessore nel corso della vita. La seconda, donata dal dottor Paolo Ottolini nel 1991, consta di 2 lettere autografe del Foscolo e di 84 lettere di familiari del Poeta, raccolte nel corso della vita dal padre, il professor Angelo Ottolini.
Le raccolte foscoliane del Centro Manoscritti dell'Università di Pavia annoverano la raccolta Acchiappati e la raccolta Ottolini. La prima, donata dal professor Gianfranco Acchiappati in quattro distinte fasi, tra il 1989 e il 1995, consta di una vasta congerie di materiali di diversa tipologia e provenienza (lettere autografe e manoscritti di Ugo Foscolo, di suoi familiari e di suoi contemporanei, edizioni originali e ristampe di opere di e sul Poeta, cimeli) raccolti dal possessore nel corso della vita. La seconda, donata dal dottor Paolo Ottolini nel 1991, consta di 2 lettere autografe del Foscolo e di 84 lettere di familiari del Poeta, raccolte nel corso della vita dal padre, il professor Angelo Ottolini.
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Il Fondo raccoglie libretti d'opera a stampa di fine '800, inizi '900. E' composto da 254 libretti di opere teatrali, congiuntamente a pochi altri materiali di minore interesse, che abbracciano il periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento. La raccolta di libretti si deve principalmente a Cirillo Pozzali, ma è stato accresciuta dal fratello Francesco e successivamente da Giuseppe Ghisi, figlio di una sorella di Cirillo e padre della signora Giuseppina Ghisi, che ha donato il fondo alla Facoltà di Musicologia nel 2003.
Il Fondo raccoglie libretti d'opera a stampa di fine '800, inizi '900. E' composto da 254 libretti di opere teatrali, congiuntamente a pochi altri materiali di minore interesse, che abbracciano il periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento. La raccolta di libretti si deve principalmente a Cirillo Pozzali, ma è stato accresciuta dal fratello Francesco e successivamente da Giuseppe Ghisi, figlio di una sorella di Cirillo e padre della signora Giuseppina Ghisi, che ha donato il fondo alla Facoltà di Musicologia nel 2003.
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Il concorso “Puntiamo i Tacchi” nasce nel 2021 su iniziativa del CUG – Comitato Unico di Garanzia – dell’Università degli Studi di Pavia, in occasione del 25 novembre per la “Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne”. Le opere presenti (categoria “testo” e “multimediale”) sono una selezione di quelle inviate e si collocano in questa collezione pubblica, nell’ottica di sensibilizzare e di diffondere la cultura della non-violenza.
Il concorso “Puntiamo i Tacchi” nasce nel 2021 su iniziativa del CUG – Comitato Unico di Garanzia – dell’Università degli Studi di Pavia, in occasione del 25 novembre per la “Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne”. Le opere presenti (categoria “testo” e “multimediale”) sono una selezione di quelle inviate e si collocano in questa collezione pubblica, nell’ottica di sensibilizzare e di diffondere la cultura della non-violenza.