Nuove Accessioni
Descrizione
Nel 1915 il Ministero dell’Istruzione manifestò l’intenzione di voler stilare un albo d’onore nel proprio Bollettino Ufficiale in cui inserire i nominativi sia dei funzionari dipendenti sia degli studenti di Università e di Istituti superiori caduti per la Patria durante la guerra. Per rispondere alla ricognizione ministeriale e predisporre gli elenchi di nomi, il rettorato di Pavia raccolse notizie dalle famiglie, dai commilitoni, dai compagni, dalle autorità militari i quali risposero trasmettendo fotografie, lettere, relazioni, opuscoli, ritagli di giornale, santini che saranno in seguito utilizzati per la realizzazione delle pagine commemorative dell’Annuario universitario del 1918-1919. A questa altezza il numero dei caduti assommava a 135 studenti cui si aggiungeva un docente. Con il Decreto luogotenenziale 1° ottobre 1916 n. 1400 si autorizzavano i rettori delle Università e i direttori degli Istituti d'istruzione superiore a conferire, a titolo di onore, la laurea o il diploma ai giovani militari morti in guerra, i quali avevano già compiuto l'intero corso degli studi per il conseguimento della laurea o del diploma. In seguito il Ministro dell’Istruzione con circolare 29 maggio 1917, su suggerimento dei rettori delle Università e dei direttori degli Istituti d'istruzione superiore, estese il conferimento della laurea o diploma ad honorem agli studenti caduti anche solo se immatricolati o iscritti ai corsi universitari. Per il conferimento della laurea o diploma ad honorem il Consiglio Accademico nella sua seduta del 12 luglio 1917 stabilì che la cerimonia avvenisse nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico 1917-1918 (il giorno 5 novembre). Ma la cerimonia fu rinviata, anche per poter farla presiedere dal ministro Agostino Berenini, al gennaio 1919. Intanto il rettore nel dicembre 1918 ottenne il consenso dal Ministero per estendere il conferimento della laurea anche agli studenti deceduti in seguito a malattia contratta al fronte o in generale in servizio in zona di guerra o in zona territoriale. Dopo la cerimonia del 1919 l’Università raccolse altre richieste di lauree ad honorem per studenti caduti non ancora inseriti nell’elenco cosicchè tra il 1919 e il 1923 il rettorato mise a fuoco un bilancio di oltre 170 caduti tra studenti e professori. Nel 1919 il Consiglio Accademico nella sua seduta del 2 agosto accettò una proposta già avanzata nella cerimonia inaugurale di erigere un monumento a ricordo perpetuo dei caduti. Domenica 4 giugno 1922 nel Cortile dei Medici e degli Artisti (in seguito dei Caduti) dell'Università, fu inaugurato dal Duca d’Aosta il monumento intitolato “L’Offerta”, opera dello scultore Alfonso Marabelli, dedicato agli studenti pavesi caduti durante la Prima guerra mondiale e commissionato dall’A.S.U.P. (Associazione Studenti Universitari di Pavia). Sull’opera campeggiano, incisi, i nomi degli studenti e professori caduti nel conflitto del 1915-1918.
Nel 1915 il Ministero dell’Istruzione manifestò l’intenzione di voler stilare un albo d’onore nel proprio Bollettino Ufficiale in cui inserire i nominativi sia dei funzionari dipendenti sia degli studenti di Università e di Istituti superiori caduti per la Patria durante la guerra. Per rispondere alla ricognizione ministeriale e predisporre gli elenchi di nomi, il rettorato di Pavia raccolse notizie dalle famiglie, dai commilitoni, dai compagni, dalle autorità militari i quali risposero trasmettendo fotografie, lettere, relazioni, opuscoli, ritagli di giornale, santini che saranno in seguito utilizzati per la realizzazione delle pagine commemorative dell’Annuario universitario del 1918-1919. A questa altezza il numero dei caduti assommava a 135 studenti cui si aggiungeva un docente. Con il Decreto luogotenenziale 1° ottobre 1916 n. 1400 si autorizzavano i rettori delle Università e i direttori degli Istituti d'istruzione superiore a conferire, a titolo di onore, la laurea o il diploma ai giovani militari morti in guerra, i quali avevano già compiuto l'intero corso degli studi per il conseguimento della laurea o del diploma. In seguito il Ministro dell’Istruzione con circolare 29 maggio 1917, su suggerimento dei rettori delle Università e dei direttori degli Istituti d'istruzione superiore, estese il conferimento della laurea o diploma ad honorem agli studenti caduti anche solo se immatricolati o iscritti ai corsi universitari. Per il conferimento della laurea o diploma ad honorem il Consiglio Accademico nella sua seduta del 12 luglio 1917 stabilì che la cerimonia avvenisse nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico 1917-1918 (il giorno 5 novembre). Ma la cerimonia fu rinviata, anche per poter farla presiedere dal ministro Agostino Berenini, al gennaio 1919. Intanto il rettore nel dicembre 1918 ottenne il consenso dal Ministero per estendere il conferimento della laurea anche agli studenti deceduti in seguito a malattia contratta al fronte o in generale in servizio in zona di guerra o in zona territoriale. Dopo la cerimonia del 1919 l’Università raccolse altre richieste di lauree ad honorem per studenti caduti non ancora inseriti nell’elenco cosicchè tra il 1919 e il 1923 il rettorato mise a fuoco un bilancio di oltre 170 caduti tra studenti e professori. Nel 1919 il Consiglio Accademico nella sua seduta del 2 agosto accettò una proposta già avanzata nella cerimonia inaugurale di erigere un monumento a ricordo perpetuo dei caduti. Domenica 4 giugno 1922 nel Cortile dei Medici e degli Artisti (in seguito dei Caduti) dell'Università, fu inaugurato dal Duca d’Aosta il monumento intitolato “L’Offerta”, opera dello scultore Alfonso Marabelli, dedicato agli studenti pavesi caduti durante la Prima guerra mondiale e commissionato dall’A.S.U.P. (Associazione Studenti Universitari di Pavia). Sull’opera campeggiano, incisi, i nomi degli studenti e professori caduti nel conflitto del 1915-1918.
Descrizione
L'Erbario Lombardo rappresenta la più importante raccolta di campioni vegetali essiccati della Lombardia, costituito da oltre 35.000 reperti raccolti su tutto il territorio regionale a partire dall’inizio del XIX secolo e fino agli anni ’90 del XX secolo. L’Erbario Lombardo fu costituito su iniziativa di Raffaele Ciferri (1897-1964), direttore dell’Istituto Botanico e Laboratorio Crittogamico dell'Università di Pavia a partire dal 1942. In questa collezione vennero riuniti importanti erbari storici e personali ottocenteschi quali l’Erbario Pavese, la Collectio Agri Ticinensis, l’Erbario Comolli, e parte delle raccolte di Lorenzo Rota (1819-1855), unitamente a importanti collezioni acquisite durante la direzione Ciferri: Ottone Penzig (1856-1929), Massimo Longa (1854-1928), Pietro Rossi (1871-1950) e Luigi Ceroni (1883-1951). Tra gli ultimi campioni acquisiti, si ricordano quelli del Prof. Augusto Pirola, raccolti nell’area alpina, e quelli del Prof. Francesco Sartori, provenienti principalmente dalla Pianura Padana.
L'Erbario Lombardo rappresenta la più importante raccolta di campioni vegetali essiccati della Lombardia, costituito da oltre 35.000 reperti raccolti su tutto il territorio regionale a partire dall’inizio del XIX secolo e fino agli anni ’90 del XX secolo. L’Erbario Lombardo fu costituito su iniziativa di Raffaele Ciferri (1897-1964), direttore dell’Istituto Botanico e Laboratorio Crittogamico dell'Università di Pavia a partire dal 1942. In questa collezione vennero riuniti importanti erbari storici e personali ottocenteschi quali l’Erbario Pavese, la Collectio Agri Ticinensis, l’Erbario Comolli, e parte delle raccolte di Lorenzo Rota (1819-1855), unitamente a importanti collezioni acquisite durante la direzione Ciferri: Ottone Penzig (1856-1929), Massimo Longa (1854-1928), Pietro Rossi (1871-1950) e Luigi Ceroni (1883-1951). Tra gli ultimi campioni acquisiti, si ricordano quelli del Prof. Augusto Pirola, raccolti nell’area alpina, e quelli del Prof. Francesco Sartori, provenienti principalmente dalla Pianura Padana.
Descrizione
Nel 2022, a cento anni dalla scomparsa di Torquato Taramelli, l’Università di Pavia ha celebrato lo scienziato con una mostra allestita presso Kosmos – Museo di Storia naturale dell’ateneo, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. Il programma di commemorazione di Torquato Taramelli si completa nella Digital Library con una presentazione a tutto tondo del personaggio attraverso una varietà di proposte digitali, un percorso che intende offrire all'utente una panoramica virtuale sulla figura di Taramelli, con spunti per ulteriori ricerche e approfondimenti alla scoperta di uno scienziato ancora oggi insuperato. Docente di Geologia a Pavia, autore della prima Carta sismica italiana e della Carta Geologica d’Italia, Torquato Taramelli è uno studioso da ricordare per la sua straordinaria carriera scientifica e per aiutarci, oggi, a capire il ruolo rivestito nella società dal geologo, figura cruciale ai giorni nostri per uno sviluppo sostenibile. In Digital Library si possono esaminare: La collezione di acquerelli autografi di Taramelli, da lui realizzati "sul campo" a scopo scientifico e come strumento di insegnamento della Geologia, oltre che presentarsi come reperti con evidenti valenze artistiche, oggi afferenti al Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia; Una serie di carte geologiche di proprietà della Biblioteca di Studi Umanistici dell'ateneo, a cui Taramelli lavorò negli anni per contribuire a definire dal punto di vista geologico numerosi territori. Oltre all'Italia completa, si trovano descritti la provincia di Pavia e di Vicenza, il Lago Maggiore e il bacino del Ticino; Una selezione di documenti custoditi dall’Archivio Storico dell’Università a firma del geologo ovvero testimonianze epistolari riferite alla sua carriera di docente all'Università; Una dotazione di cimeli posseduti dal Museo per la Storia dell’Università che testimoniano momenti salienti dell'esistenza di Taramelli come, ad esempio, l'attestato di lode donatogli dai cittadini bergamaschi in occasione del suo 50° anno di attività o la targa commemorativa per il suo ingresso nella Regia Accademia dei Lincei.
Nel 2022, a cento anni dalla scomparsa di Torquato Taramelli, l’Università di Pavia ha celebrato lo scienziato con una mostra allestita presso Kosmos – Museo di Storia naturale dell’ateneo, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. Il programma di commemorazione di Torquato Taramelli si completa nella Digital Library con una presentazione a tutto tondo del personaggio attraverso una varietà di proposte digitali, un percorso che intende offrire all'utente una panoramica virtuale sulla figura di Taramelli, con spunti per ulteriori ricerche e approfondimenti alla scoperta di uno scienziato ancora oggi insuperato. Docente di Geologia a Pavia, autore della prima Carta sismica italiana e della Carta Geologica d’Italia, Torquato Taramelli è uno studioso da ricordare per la sua straordinaria carriera scientifica e per aiutarci, oggi, a capire il ruolo rivestito nella società dal geologo, figura cruciale ai giorni nostri per uno sviluppo sostenibile. In Digital Library si possono esaminare: La collezione di acquerelli autografi di Taramelli, da lui realizzati "sul campo" a scopo scientifico e come strumento di insegnamento della Geologia, oltre che presentarsi come reperti con evidenti valenze artistiche, oggi afferenti al Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia; Una serie di carte geologiche di proprietà della Biblioteca di Studi Umanistici dell'ateneo, a cui Taramelli lavorò negli anni per contribuire a definire dal punto di vista geologico numerosi territori. Oltre all'Italia completa, si trovano descritti la provincia di Pavia e di Vicenza, il Lago Maggiore e il bacino del Ticino; Una selezione di documenti custoditi dall’Archivio Storico dell’Università a firma del geologo ovvero testimonianze epistolari riferite alla sua carriera di docente all'Università; Una dotazione di cimeli posseduti dal Museo per la Storia dell’Università che testimoniano momenti salienti dell'esistenza di Taramelli come, ad esempio, l'attestato di lode donatogli dai cittadini bergamaschi in occasione del suo 50° anno di attività o la targa commemorativa per il suo ingresso nella Regia Accademia dei Lincei.
Descrizione
Pervenuto nell’attuale sede della Biblioteca di Arte dell’Ateneo pavese (già Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pavia e ora sezione della Biblioteca di Studi umanistici) nel 1968, subito dopo la scomparsa del suo proprietario, Wart Arslan, docente di Storia dell’arte medievale e moderna presso l’ateneo pavese dal 1942 al 1968, il fondo, raccolto in circa 270 scatole, è composto da materiale eterogeneo: estratti bibliografici, annate di riviste, appunti manoscritti e dattiloscritti, corrispondenza epistolare, fotografie e ritagli di libri o di riviste. Nel suo insieme esso testimonia l’attività scientifica e didattica del professor Arslan, a partire dagli anni Trenta del Novecento, e documenta l’ampiezza dei suoi interessi di studioso, che spaziano dall’architettura romanica e preromanica alla pittura del Settecento, con particolare riguardo all’area veneta e lombarda. Al momento della donazione all’Università la vasta raccolta rispettava la suddivisione, voluta dal professore, in quattro grandi categorie: estratti bibliografici, riviste, fotografie e stampe e infine appunti manoscritti e dattiloscritti e materiale miscellaneo, tra cui la corrispondenza (“Varie. Lettere su cose d’arte”). Ogni categoria, ad eccezione di quella delle riviste, era stata poi organizzata per secoli ed aree geografiche. Trasferito nel corso degli anni Novanta del secolo scorso in locali di pertinenza della Biblioteca di Lettere (già cortile del Leano del palazzo centrale), l’archivio nel 2018 è ritornato nella Biblioteca di arte. Risale molto probabilmente agli anni immediatamente successivi alla donazione del fondo la prima catalogazione di una parte delle fotografie che, prelevate dalle scatole originarie, sono state incollate su schede cartacee e ordinate in classificatori metallici, per facilitarne la consultazione. Altre foto si trovano ancora sciolte all’interno dei classificatori. Il riordino avviato ha l’obiettivo di rendere disponibile alla consultazione l’intero fondo, tramite l’inventariazione dei materiali bibliografici e il loro inserimento nell’OPAC di Ateneo e la digitalizzazione dei materiali più fragili, quali manoscritti, dattiloscritti, fotografie e ritagli, che andranno a costituire una banca dati, a partire dalla quale si possa ricomporre l’archivio di studio e ricerca di Wart, rendendolo contemporaneamente disponibile alla consultazione.
Pervenuto nell’attuale sede della Biblioteca di Arte dell’Ateneo pavese (già Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pavia e ora sezione della Biblioteca di Studi umanistici) nel 1968, subito dopo la scomparsa del suo proprietario, Wart Arslan, docente di Storia dell’arte medievale e moderna presso l’ateneo pavese dal 1942 al 1968, il fondo, raccolto in circa 270 scatole, è composto da materiale eterogeneo: estratti bibliografici, annate di riviste, appunti manoscritti e dattiloscritti, corrispondenza epistolare, fotografie e ritagli di libri o di riviste. Nel suo insieme esso testimonia l’attività scientifica e didattica del professor Arslan, a partire dagli anni Trenta del Novecento, e documenta l’ampiezza dei suoi interessi di studioso, che spaziano dall’architettura romanica e preromanica alla pittura del Settecento, con particolare riguardo all’area veneta e lombarda. Al momento della donazione all’Università la vasta raccolta rispettava la suddivisione, voluta dal professore, in quattro grandi categorie: estratti bibliografici, riviste, fotografie e stampe e infine appunti manoscritti e dattiloscritti e materiale miscellaneo, tra cui la corrispondenza (“Varie. Lettere su cose d’arte”). Ogni categoria, ad eccezione di quella delle riviste, era stata poi organizzata per secoli ed aree geografiche. Trasferito nel corso degli anni Novanta del secolo scorso in locali di pertinenza della Biblioteca di Lettere (già cortile del Leano del palazzo centrale), l’archivio nel 2018 è ritornato nella Biblioteca di arte. Risale molto probabilmente agli anni immediatamente successivi alla donazione del fondo la prima catalogazione di una parte delle fotografie che, prelevate dalle scatole originarie, sono state incollate su schede cartacee e ordinate in classificatori metallici, per facilitarne la consultazione. Altre foto si trovano ancora sciolte all’interno dei classificatori. Il riordino avviato ha l’obiettivo di rendere disponibile alla consultazione l’intero fondo, tramite l’inventariazione dei materiali bibliografici e il loro inserimento nell’OPAC di Ateneo e la digitalizzazione dei materiali più fragili, quali manoscritti, dattiloscritti, fotografie e ritagli, che andranno a costituire una banca dati, a partire dalla quale si possa ricomporre l’archivio di studio e ricerca di Wart, rendendolo contemporaneamente disponibile alla consultazione.
Descrizione
Il Museo Camillo Golgi conserva una collezione di 60 stampe e 12 lastre fotografiche che testimoniano il prestigio di cui godeva, in Italia e all’estero, Camillo Golgi. Gli scatti lo ritraggono in occasione di convegni internazionali, viaggi scientifici, per il ricevimento di premi e onorificenze. Del corpus fa parte anche una serie di carte de visite, ritratti di scienziati e colleghi donati a Golgi e all’Istituto di Patologia Generale da lui diretto in segno di stima e affetto. Di non minore interesse sono le fotografie che catturano momenti privati della vita del celebre scienziato, in compagnia della moglie, dei familiari o degli amici. La collezione è stata catalogata e restaurata nel 2019.
Il Museo Camillo Golgi conserva una collezione di 60 stampe e 12 lastre fotografiche che testimoniano il prestigio di cui godeva, in Italia e all’estero, Camillo Golgi. Gli scatti lo ritraggono in occasione di convegni internazionali, viaggi scientifici, per il ricevimento di premi e onorificenze. Del corpus fa parte anche una serie di carte de visite, ritratti di scienziati e colleghi donati a Golgi e all’Istituto di Patologia Generale da lui diretto in segno di stima e affetto. Di non minore interesse sono le fotografie che catturano momenti privati della vita del celebre scienziato, in compagnia della moglie, dei familiari o degli amici. La collezione è stata catalogata e restaurata nel 2019.
Descrizione
La collezione di monete romane repubblicane del Museo di Archeologia dell’Università di Pavia è degna di pregio, costituisce senz’altro un buon fondamento per una collezione d’intento didattico e permette un buon inquadramento della storia della monetazione della Repubblica Romana. La raccolta è significativa per la completezza della serie e spesso presenta un’abbondanza di esemplari della stessa emissione, particolarità derivante probabilmente dall’origine della collezione da donazioni di diversi collezionisti.
La collezione di monete romane repubblicane del Museo di Archeologia dell’Università di Pavia è degna di pregio, costituisce senz’altro un buon fondamento per una collezione d’intento didattico e permette un buon inquadramento della storia della monetazione della Repubblica Romana. La raccolta è significativa per la completezza della serie e spesso presenta un’abbondanza di esemplari della stessa emissione, particolarità derivante probabilmente dall’origine della collezione da donazioni di diversi collezionisti.
Descrizione
Novantotto opere tra dipinti e disegni su carta, eseguiti con tecniche miste (carboncino, matita, pastello, tempera); le opere raffigurano forme antropomorfe oppure forme astratte, probabilmente accostabili alle ricerche teoriche perseguite da A.R. in ambito musicale (si vedano anche le ricerche grafiche della sottoserie _Cage variations_).Una parte di questi sono probabilmente realizzati nel biennio 1952-1953: «Fra il settembre del 1952 e il marzo del 1953 realizza dei disegni a matita e a tempera – ne restano novantanove –: Amelia comincia a disegnare quasi per caso, probabilmente come riflesso della terapia con Bernhard [...]» (Rosselli 2012, p. LXIX).
Novantotto opere tra dipinti e disegni su carta, eseguiti con tecniche miste (carboncino, matita, pastello, tempera); le opere raffigurano forme antropomorfe oppure forme astratte, probabilmente accostabili alle ricerche teoriche perseguite da A.R. in ambito musicale (si vedano anche le ricerche grafiche della sottoserie _Cage variations_).Una parte di questi sono probabilmente realizzati nel biennio 1952-1953: «Fra il settembre del 1952 e il marzo del 1953 realizza dei disegni a matita e a tempera – ne restano novantanove –: Amelia comincia a disegnare quasi per caso, probabilmente come riflesso della terapia con Bernhard [...]» (Rosselli 2012, p. LXIX).
Descrizione
Il Gabinetto di Fisica dell'Università di Pavia fu fondato nel 1771, grazie alla riforma degli studi avviata da Maria Teresa d'Austria e portata avanti dal figlio e successore, l’imperatore Giuseppe II. Il primo direttore fu il padre scolopio Carlo Barletti, che alla fine del 1772 venne nominato professore di Fisica sperimentale all'Università. All'arrivo di Alessandro Volta a Pavia, nel 1778, Barletti divenne responsabile dell'insegnamento di Fisica classica o generale, mentre Volta ricoprì quello di Fisica sperimentale o particolare. La prima includeva statica, dinamica, idrostatica, idraulica e fisica astronomica, che formavano la parte più matematizzata della fisica. La seconda, che riguardava i fenomeni concernenti elettricità, magnetismo, calore, pneumatica, acustica, meteorologia e ottica, era più fenomenologica e sperimentale. Volta arricchì il Gabinetto con numerosi strumenti acquistati durante i suoi viaggi in Europa e con molti altri da lui stesso ideati e realizzati con l'ausilio di validissimi artigiani. Il gabinetto di Fisica divenne non soltanto un posto dove Volta potesse sperimentare e insegnare, ma anche una sala da esposizione e un attraente teatro che doveva impressionare i visitatori. Molti degli strumenti venivano infatti utilizzati da Volta, oltre che per attività di ricerca, anche per esperienze pubbliche, tenute due volte la settimana, da dicembre a giugno. A queste partecipavano, insieme con gli studenti (per i quali il Professore teneva lezioni quotidiane), numerosi spettatori, per cui venne appositamente costruito nell'Ateneo pavese un nuovo e più ampio Teatro Fisico, l'odierna Aula Volta. Nel 1804, Volta lasciò ufficialmente la cattedra a Pietro Configliachi, ma continuò a lavorare a Pavia e a mostrare interesse verso i nuovi strumenti. Nel 1819, l'ultimo inventario firmato da Volta attesta la presenza nel Gabinetto di Fisica di circa seicento strumenti. Non tutti questi strumenti sono giunti sino a noi: alcuni andarono infatti distrutti nell'incendio del padiglione della mostra allestita a Como nel 1899 per il centenario dell'invenzione della pila, altri furono distrutti dall'uso o andarono persi nei traslochi succedutisi nel corso degli anni, l'ultimo dei quali imposto dalla Seconda Guerra Mondiale.
Il Gabinetto di Fisica dell'Università di Pavia fu fondato nel 1771, grazie alla riforma degli studi avviata da Maria Teresa d'Austria e portata avanti dal figlio e successore, l’imperatore Giuseppe II. Il primo direttore fu il padre scolopio Carlo Barletti, che alla fine del 1772 venne nominato professore di Fisica sperimentale all'Università. All'arrivo di Alessandro Volta a Pavia, nel 1778, Barletti divenne responsabile dell'insegnamento di Fisica classica o generale, mentre Volta ricoprì quello di Fisica sperimentale o particolare. La prima includeva statica, dinamica, idrostatica, idraulica e fisica astronomica, che formavano la parte più matematizzata della fisica. La seconda, che riguardava i fenomeni concernenti elettricità, magnetismo, calore, pneumatica, acustica, meteorologia e ottica, era più fenomenologica e sperimentale. Volta arricchì il Gabinetto con numerosi strumenti acquistati durante i suoi viaggi in Europa e con molti altri da lui stesso ideati e realizzati con l'ausilio di validissimi artigiani. Il gabinetto di Fisica divenne non soltanto un posto dove Volta potesse sperimentare e insegnare, ma anche una sala da esposizione e un attraente teatro che doveva impressionare i visitatori. Molti degli strumenti venivano infatti utilizzati da Volta, oltre che per attività di ricerca, anche per esperienze pubbliche, tenute due volte la settimana, da dicembre a giugno. A queste partecipavano, insieme con gli studenti (per i quali il Professore teneva lezioni quotidiane), numerosi spettatori, per cui venne appositamente costruito nell'Ateneo pavese un nuovo e più ampio Teatro Fisico, l'odierna Aula Volta. Nel 1804, Volta lasciò ufficialmente la cattedra a Pietro Configliachi, ma continuò a lavorare a Pavia e a mostrare interesse verso i nuovi strumenti. Nel 1819, l'ultimo inventario firmato da Volta attesta la presenza nel Gabinetto di Fisica di circa seicento strumenti. Non tutti questi strumenti sono giunti sino a noi: alcuni andarono infatti distrutti nell'incendio del padiglione della mostra allestita a Como nel 1899 per il centenario dell'invenzione della pila, altri furono distrutti dall'uso o andarono persi nei traslochi succedutisi nel corso degli anni, l'ultimo dei quali imposto dalla Seconda Guerra Mondiale.
Descrizione
Il Fondo raccoglie libretti d'opera a stampa di fine '800, inizi '900. E' composto da 254 libretti di opere teatrali, congiuntamente a pochi altri materiali di minore interesse, che abbracciano il periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento. La raccolta di libretti si deve principalmente a Cirillo Pozzali, ma è stato accresciuta dal fratello Francesco e successivamente da Giuseppe Ghisi, figlio di una sorella di Cirillo e padre della signora Giuseppina Ghisi, che ha donato il fondo alla Facoltà di Musicologia nel 2003.
Il Fondo raccoglie libretti d'opera a stampa di fine '800, inizi '900. E' composto da 254 libretti di opere teatrali, congiuntamente a pochi altri materiali di minore interesse, che abbracciano il periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento. La raccolta di libretti si deve principalmente a Cirillo Pozzali, ma è stato accresciuta dal fratello Francesco e successivamente da Giuseppe Ghisi, figlio di una sorella di Cirillo e padre della signora Giuseppina Ghisi, che ha donato il fondo alla Facoltà di Musicologia nel 2003.